Il fortunato programma di Gianni Minoli, “La Storia siamo noi”, si occuperà prossimamente dell’inquietante episodio che ha visto protagonista il celebre scrittore e garibaldino Ippolito Nievo. Non tutti sanno che l’autore di “Confessioni di un Italiano” fu anche uno dei Mille che accompagnarono Giuseppe Garibaldi durante la campagna che contribuì, in modo determinante, all’Unità d’Italia. Le mansioni del Nievo, nell’ambito della spedizione in camicia rossa, fu quella di contabile. Non era certo un compito semplice. C’era da segnare sui quaderni sia le entrate, comprese le “sponsorizzazioni” che molti Stati europei dell’epoca erogarono alla causa garibaldina, sia le uscite che, probabilmente, hanno visto anche parecchie voci destinate a “favorire” uno scarso impegno da parte di alcune frange delle truppe borboniche. Fatto sta che i documenti contabili redatti dal Nievo rappresentavano forse una “macchia” nel candido percorso storico dei Mille. E così, il 4 marzo 1861, pochi giorni prima della proclamazione dell’Unità d’Italia, lo scrittore – contabile si imbarcò sul Piroscafo Ercole, in navigazione da Palermo a Napoli, per poi proseguire per Genova e quindi a Torino per la consegna ufficiale dei libri contabili al Governo del Re. Ma il piroscafo non giungerà mai a Napoli. Di quasi 90 passeggeri, compreso l’equipaggio, si è persa ogni traccia. Nessun relitto e nessun cadavere fu rinvenuto galleggiare nel tratto di mare più volte ispezionato. E così, di Ippolito Nievo e dei suoi libri contabili non si è più parlato. Fino a quando non è uscito l’ultimo romanzo di quella “vecchia volpe” di Umberto Eco, intitolato “Il cimitero di Praga”. Per la redazione di un paio dei capitoli principali, lo scrittore si è chiaramente ispirato ad altri due libri, uno scritto da Cesaremaria Glori, dal titolo “La tragica morte di Ippolito Nievo”, mentre l’altro, è di Stanislao Nievo, un pronipote del celebre garibaldino, dal titolo “Il prato in fondo al mare”. Entrambi gli autori hanno ricostruito gli ultimi episodi salienti della vita di Ippolito Nievo, giungendo alla conclusione, peraltro sensata, che lo scrittore-contabile ed i suoi compagni di viaggio siano state vittime di un vero e proprio attentato. L’ipotesi ha affascinato lo staff di Minoli, che ha cercato di capire che tipo di ordigno “a tempo” potesse essere collocato a bordo di un natante, tanto da creare un’esplosione che potesse rapidamente colare a picco l’imbarcazione senza dare scampo a nessuno. Un ordigno che fu, probabilmente, caricato all’interno di una cassa di tipo mercantile, all’interno della stiva del Piroscafo Ercole.
Per fare questa analisi la RAI si è rivolta all’Istituto Ricerche Esplosivistiche di Parma, con il quale ci sono state già in passato diverse collaborazioni. Il sottoscritto, avvalendosi dell’aiuto del falegname parmigiano Ivano Dalla Romanina, ha quindi ricostruito i meccanismi in legno che all’epoca erano presumibilmente utilizzati per temporizzare una carica di esplosivo. Non va infatti dimenticato che a metà dell’800 non c’erano “timer” elettrici o meccanici adeguati e le prime applicazioni elettriche sono arrivate nel 1875, con l’invenzione della lampadina da parte di Edison. A mio modesto avviso era usanza utilizzare, all’epoca, un’arma da fuoco, quale “detonatore” di circostanza. Il simulacro dell’ordigno, con due sistemi di temporizzazione diversi è attualmente visibile presso il Museo dell’Istituto Ricerche Esoplosivistiche di Parma in Strada S.Margherita, 10/A. Per ricreare poi gli effetti di innesco, probabilmente tramite una pistola ad avancarica, la RAI si è avvalsa anche del poligono del Tiro a Segno di Parma, col contributo determinante del presidente Arnaldo Bicocchi e del suo staff. Il responsabile dell’archivio storico di Parma, Roberto Spocci, ha anche consentito che la RAI filmasse i fucili Enfield-Barnett donati, insieme ad altri cimeli, dallo stesso Garibaldi al Comune di Parma.
Ci sarà quindi molta “Parma” in una delle prossime puntate de “La Storia siamo noi”.
di Danilo Coppe
http://www.zerosette.it/?p=990
Nessun commento:
Posta un commento