lunedì 7 marzo 2011

L’UNITA’ D’ITALIA TRA ONORI E CONTRADDIZIONI

In prossimità dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, fervono le manifestazioni scolastiche, i dibattiti politici, le riflessioni culturali, le ricerche storiche, ecc.
Mentre anche la nostra scuola, attraverso varie iniziative didattiche, si prepara con entusiasmo patriottico a celebrare la “festa nazionale” del 17 Marzo 1861, ha suscitato non pochi interrogativi, tra alunni e professori, la puntata del programma “LA STORIA SIAMO NOI”, condotta da Giovanni Minoli su RAI 3 e andata in onda venerdì 4 marzo alle ore 23.00, nella quale si è ricostruita la vicenda umana e politica di Ippolito Nievo, uno degli esponenti più significativi e prestigiosi del nostro Risorgimento.
Inoltre, alla puntata ha partecipato, tra gli altri, lo storico Cesaremaria Glori, autore del libro “LA TRAGICA MORTE DI IPPOLITO NIEVO (Edizioni Solfanelli). L’autore, infatti, ha precisato che
Ippolito Nievo, l’autore de “Le confessioni di un italiano”, uno dei più bei romanzi dell’Ottocento, partecipò alla Spedizione di Garibaldi del 1859. Nel corso della navigazione verso le coste siciliane gli fu affidato l’incarico di Vice Intendente, il che comportava la responsabilità dell’amministrazione del corpo di spedizione e, in seguito, dell’Esercito Meridionale. Un incarico pieno di responsabilità questo, suscettibile di critiche che divennero malevole e spesso calunniose nella lotta fra le fazioni che vedevano contrapporsi Cavour e Garibaldi.
Fu proprio per difendersi da queste calunnie, che avevano trovato nella stampa dell’epoca una tribuna ascoltata e temuta, che Nievo fu costretto a redigere un Rendiconto nel quale dimostrava, con meticolosa precisione, l’operato suo e di tutta l’Intendenza.
Fare ricorso a quella stesura fu una mossa corretta, tuttavia nel fascicolo erano contenute notizie riservate, della specie che non sarebbe stato opportuno rivelare.
Nievo partì da Palermo con il vapore “Ercole” la sera del 4 marzo 1861: a bordo c’erano ottanta persone tra equipaggio e passeggeri e, custodito in una voluminosa cassa, il Rendiconto con tutti i documenti giustificativi che lui aveva predisposto.
Il console amburghese Hennequin, che a Palermo curava gli interessi del Governo di Londra, aveva cercato di dissuaderlo dall’imbarcarsi su quella nave, ma il Vice Intendente non era uomo dall’abbandonare né il suo equipaggio né il prezioso carico, e non comprese il criptico messaggio del’annunciato disastro.
Non sapeva che quel rendiconto non doveva vedere la luce, perché avrebbe rivelato l’ingerenza pesante del Governo di Londra nella caduta del Regno delle Due Sicilie. L’Intendenza aveva dovuto gestire un ingente finanziamento in piastre d’oro turche, che aveva favorito l’arrendevolezza di gran parte degli ufficiali e delle alte cariche civili borboniche: un’immobilità che aveva paralizzato l’Esercito e soprattutto la Marina borbonica.
La reazione fu tardiva, lacunosa e minata dalla sfiducia aggravata dal tradimento di molti, senza il quale il più grande e agguerrito Stato della penisola italiana, con la terza flotta europea di quel tempo, difficilmente sarebbe caduto. La mattina successiva il piroscafo “Ercole” si inabissò, quand’era già prossimo al golfo di Napoli.
Tale tragico evento, a distanza di 150 anni, evidenzia ancora, pur tra la gloria della sofferta Unità, le molteplici contraddizioni della storia italiana.

di Prof.ssa Maria Ermelinda Di Lieto, Docente di Storia e Geografia III E

http://www.alboscuole.it/articoli.aspx?cod=f0e8eg0300j1x6lq1818u2g0yd2424t3c2qo3534q4r0ka4041-20930&profile=i0x1jq0606r1x2mo1810l2o0jq2126f3h7kh3632q4c8pg4340-3599

Nessun commento:

Posta un commento